Con l’approvazione del disegno di legge fiscale di giovedì scorso, sono passate anche le norme sull’equo compenso che davamo per perse meno di un mese fa. Queste norme non solo sono state recuperate nel disegno di legge votato oggi alla camera, ma sono state pure ampliate nel passaggio al Senato.
Esattamente come speravo e come ho tentato di emendare prima della fiducia imposta alla Camera, che ha decapitato tutte le proposte emendatiive, le professioni coinvolte non saranno più solo gli avvocati, bensì tutte quelle che fanno riferimento ad un ordine o ad un collegio professionale; quindi anche ingegneri, geometri, architetti.
Non solo! Se la proposta di legge originaria limitava l’imposizione dell’equo compenso alle banche e alle assicurazioni, la riformulazione prevede (incredibile non fosse prevista precedentemente) che anche la pubblica amministrazione debba adeguarsi e pagare in maniera equa le professionalità di cui si serve.
Stabilire che chi lavora debba essere pagato per il tempo e le risorse impiegate è una norma di civiltà, con buona pace dell’autorità antitrust, che ha dato un parere negativo. Probabilmente, nella teoria dell’iperuranio, l’autorità ha ragione. Ma esiste anche un piano pratico, quello reale della vita e delle carriere dei giovani professionisti, che non vivono di aria, che l’affitto lo devono pagare e non possono permettersi di lavorare gratis in eterno, magari per la pubblica amministrazione.
Voglio riportare qui le parole delle associazioni dei giovani professionisti, che un ottimo articolo pubblicato oggi su “ Il Dubbio” ha raccolto: “l’opportunità per i giovani di affacciarsi sul mercato presuppone che un mercato esista, che sia trasparente e meritocratico, che elegga a principale strumento concorrenziale la qualità della prestazione e non il suo prezzo, non il miope risparmio finanziario immediato”.
Inoltre l’autorità antitrust non considera che qualcuno invece può permettersi di lavorare a zero entrate per uno, due o tre anni. Sono i giovani che tentano una carriera libero-professionale, partendo però da una condizione familiare agiata, creando una netta disuguaglianza tra chi senza percepire un reddito per anni riesce a costruire una carriera e chi, pur avendo le qualifiche per essere un avvocato, uno psicologo o un architetto si ritrova, se fortunato, a fare il pizzaiolo, il gelataio o il baby-sitter. Insomma permettendo il non-pagamento o la paga da miseria, si va a costituire una classe di libero professionisti basata o almeno influenzata più dal censo che dal merito.
Ma passato il giusto momento di gioia per questo passo in avanti, bisogna rapportarsi anche con le problematiche di tale norma. Come si suol dire, non è tutto oro quel che luccica.
Il grande ostacolo da affrontare sarà quello della definizione dei parametri alla luce dei quali considerare un compenso equo. L’articolo fa riferimento ai parametri fissati nei decreti ministeriali categoria per categoria. Le professioni senza albo, oltre due milioni di interessati, non possono affidarsi a tali decreti, dal momento che non esistono.
I tributaristi, gli amministratori di condominio sono solo alcune delle tante categorie di lavoratori prive di parametri a cui riferirsi.
Non è possibile applicare, in via analogica i decreti esistenti per alcune professioni, ad altre che ne sono orfane.
E’ del tutto evidente che a tale norma non si possa dare piena attuazione senza riferimenti chiari e definiti.
Per ovviare a tale problema avevo proposto, tramite un emendamento che il Governo definisse le tariffe minime per le professioni. E per tutte, non solo per qualche privilegiato.
Così non è stato.
Sarà mio impegno quello di non lasciare che questa norma resti lettera morta, e sia attuata in maniera piena.
Un piccolo passo è stato già fatto: in sede di discussione del disegno di legge stesso, infatti, è stato approvato un mio ordine del giorno che impegna il governo ad adottare disposizioni per definire e determinare l’equo compenso per i liberi professionisti che lavorano con la pubblica amministrazione. Nei prossimi mesi, gli ultimi della legislatura, lavorerò e a spingerò per rendere effettiva questa norma.