E’ sotto gli occhi di tutti la strage che si sta consumando nella striscia di Gaza. Dall’inizio del conflitto si contano oltre 1900 vittime, delle quali 446 sono bambini.
E’ guerra. Nessuna ragione può giustificare questo eccidio di massa.
La nostra Costituzione ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
L’articolo 1, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n.185 recante “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” stabilisce che le operazioni di importazione, esportazione e transito di materiali di armamento “vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Al comma 6, invece, la legge impone il divieto di vendere armi a Paesi in stato di conflitto armato.
Ma il nostro Governo cosa fa?
Federica Mogherini, ministro degli Esteri italiano, in diverse occasioni ha espresso “grande preoccupazione” per l’aggravarsi della situazione in Israele e nella Striscia di Gaza: “i ripetuti lanci di razzi verso Israele sono da condannare con fermezza e tutti gli attacchi sulle aree civili devono essere fermati subito”. E ancora “bisogna evitare che si inneschi una spirale irreversibile, che rischia per di più di destabilizzare ulteriormente una regione già attraversata da troppi conflitti”. Nell’esprimere il suo “gran dolore” anche per la morte di diversi civili e bambini a Gaza, ha detto: “ora è indispensabile proteggere i civili, riportare la calma e riprendere il filo del processo di pace”.
Ma al di là di tante belle parole, assolutamente condivisibili, siamo proprio sicuri che il nostro Paese stia agendo da arbitro imparziale?
Malgrado quello che sta accadendo a Gaza, l’Italia resta il primo esportatore Ue di armamenti verso Israele, con un controvalore accertato di oltre 470 milioni nel 2012.
Inoltre, secondo i dati delle autorizzazioni per le esportazioni definitive autorizzate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in base alla Legge 185/90, UniCredit riporta nel 2012 un aumento delle autorizzazioni imputabile per € 469,2 milioni (87%) ad un’unica operazione per la fornitura di 30 velivoli da addestramento M346 e relativi sistemi, servizi e supporto tecnico da parte di Alenia Aermacchi (società di Finmeccanica) al Ministero della Difesa di Israele.
L’operazione, parte dell’accordo di collaborazione tra il Governo Italiano e quello Israeliano firmato a luglio 2012, che prevede il supporto di Sace Spa e Cassa Depositi e Prestiti Spa, società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Di fatto, questo accordo rappresenta un mutamento considerevole nella politica estera del nostro paese visto che negli ultimi 20 anni le esportazioni di armi dall’Italia verso Israele erano state quanto mai contenute.
Molti di noi ignorano che il velivolo M-346 non è solo un aereo per l’addestramento dei piloti: come spiega la brochure ufficiale di Alenia Aermacchi “dall’inizio del programma, l’M-346 è stato concepito con l’aggiunta di capacità operative, con l’obiettivo di fornire un aereo da combattimento multiruolo molto capace, particolarmente adatto per l’attacco a terra e di superficie, nonché le missioni di polizia aerea”.
Come se tutto ciò non fosse già abbastanza, anche quest’anno, dalla Relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze manca il “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito”. Questo documento elencava le singole operazioni autorizzate agli Istituti di Credito per le esportazioni di armamenti italiani costringendo, di fatto, gli Istituti di credito a regolamentare e rendere più trasparenti i finanziamenti e i servizi offerti all’industria militare e al commercio di armi.
Nonostante la mancata presentazione di questo riepilogo nella relazione del Governo, su pressione dell’iniziativa “Campagna Armata”, diversi e importanti gruppi bancari italiani hanno emanato direttive rigorose e restrittive in materia o sospendendo del tutto i servizi e i finanziamenti al settore dell’export di sistemi militari.
E la SACE SpA, acquistata da Cassa Depositi e Prestiti in data 9 novembre 2013 e da essa controllata al 100%, che offre servizi di export credit, assicurazione del credito, protezione degli investimenti all’estero, garanzie finanziarie, cauzioni, factoring e sostiene la competitività delle imprese in Italia e all’estero, operando in 189 paesi e garantendo flussi di cassa stabili e trasformando i rischi di insolvenza delle imprese in opportunità di sviluppo, in questo panorama cosa fa?
A chi fosse sfuggita qualche riga più su, segnalo che la SACE ha supportato la consegna avvenuta lo scorso 10 luglio a Israele di due caccia Alenia Aermacchi M346. Sono solo i primi due di una fornitura di ben 30 velivoli M346 entro il 2016.
Come già ricordato, questi aerei, spacciati per velivoli da addestramento, verosimilmente verranno utilizzati nella carneficina in atto nella Striscia di Gaza.
Tenuto conto che sia la nostra Costituzione che la legge 185/1990 vietano il commercio di armi con paesi belligeranti, mi sono chiesta come sia possibile che il Governo italiano consenta alla Sace, azienda pubblica nazionale, di sostenere la fornitura degli M346.
Così, due giorni fa ho depositato un’interrogazione parlamentare rivolgendomi a Padoan, ministro del Tesoro, chiedendo di fornire prontamente il “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito”.
Nel riepilogo sono poste in evidenza le singole operazioni autorizzate agli Istituti di Credito per le esportazioni di armamenti italiani per contrastare il pericolo di favorire gruppi bancari esteri che operano in Italia e soprattutto quelli che non hanno emanato direttive e non offrono alcuna rendicontazione sulle operazioni finanziarie nel settore degli armamenti e sulle esportazioni di sistemi militari.
Inoltre, ho chiesto un suo impegno ad adottare provvedimenti che impediscano il supporto a operazione in armi da parte di SACE e società similari.
Confindo in una risposta immediata mentre è in atto una strage, di bambini e di civili, in cui anche l’Italia ha le sue responsabilità.